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Evoluzione normativa
Alla prima normativa emanata nel 1967 riguardante l’accessibilità, ne sono seguite molte altre; ogni legge, decreto o circolare, ha apportato dei cambiamenti e ha dato risposte, più o meno efficaci, al problema delle barriere architettoniche e al bisogno di un migliore livello di inclusione sociale. Con alcune di queste norme l’Italia si è dimostrata uno dei paesi più avanzati in Europa, anche se, purtroppo, non sempre le prescrizioni scritte sono diventate fatti concreti.
Riprendendo il testo della Dottoressa Francesca Pieretti, tracciamo qui una breve, e non esaustiva, evoluzione della normativa nazionale.
Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 425, del 20 gennaio 1967. “Standards residenziali”
In questa circolare, che riguarda la definizione degli standard nell’edilizia residenziale, riscontriamo il primo approccio all’accessibilità in Italia. Riportiamo i passaggi inerenti alle Barriere architettoniche:
“Nelle norme che seguono si precisano gli aspetti di carattere prevalentemente quantitativo degli standards, sia edilizi che urbanistici, e si accenna, nei casi di più diretto riferimento ai problemi dimensionali, anche a taluni aspetti qualitativi che vanno considerati.”
“Nel rinviare ad altra sede le indicazioni normative inerenti ad altri pur importanti aspetti qualitativi, si ritiene tuttavia indispensabile richiamare fin d'ora l'attenzione sulla esigenza di tener conto, sia nelle progettazioni di natura urbanistica, sia particolarmente in quelle di natura edilizia, del problema delle così dette "barriere architettoniche", e cioè degli ostacoli che incontrano individui fisicamente menomati nel muoversi nell'ambito degli spazi urbani e negli edifici: ostacoli costituiti essenzialmente da elementi altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (gradini, risalti, dislivelli, scale, ecc.), ovvero da esiguità di passaggi e ristrettezza di ambienti (strettoie, cabine di ascensori, apertura di porte, ecc.). Allo scopo di eliminare al massimo tali difficoltà, è opportuno che nelle progettazioni si evitino, per quanto possibile, percorsi che presentino siffatti inconvenienti, ovvero siano previsti percorsi appositi, eventualmente in alternativa, che facilitino il movimento degli spastici o delle persone comunque impedite o minorate”.
Questa Circolare Ministeriale risulta particolarmente significativa in quanto riporta il problema delle barriere architettoniche in una normativa tecnica per l’edilizia residenziale e non in quella sanitaria o assistenziale. Un altro aspetto interessante è che si parla di eliminazione delle barriere riferendosi non solo all’architettura ma anche all’urbanistica, estendendo, di fatto, il problema a tutti gli spazi urbani. Il richiamo ad una migliore qualità ambientale, quindi, non riguarda solo una categoria di persone ma l’intera collettività.
Nonostante la validità di queste affermazioni, la Circolare non non fornisce indicazioni tecniche e non prescrive alcuna azione.
Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 19 giugno 1968. “Norme per assicurare l’utilizzazione degli edifici sociali da parte di minorati fisici e per migliorarne la godibilità generale”
Questo testo è particolarmente importante perché per la prima volta vengono riportate delle prescrizioni tecnico-costruttive volte all’eliminazione delle barriere architettoniche con riferimento ad edifici pubblici e di uso pubblico, sia di nuova costruzione che esistenti (in caso di ristrutturazione). Inoltre questa circolare, riallacciandosi alla precedente (Circolare Min, LL. PP. 425/67), sottolinea come le barriere architettoniche “si presentano sistematicamente sia nelle strutture edilizie, sia nelle relazioni tra queste e le reti di comunicazione, sia nell'arredo urbano e sia nei mezzi di pubblico trasporto” interessando, quindi, non solo l’architettura ma anche la pianificazione urbana.
Le disposizioni interessavano:
- sistemazioni esterne (parcheggi, percorsi pedonali)
- struttura edilizia (accessi, piattaforme di distribuzione, rampe, scale, corridoi e passaggi, porte, pavimenti)
- locali speciali (sale per riunioni o spettacoli, locali di ufficio accessibili al pubblico, locali igienici)
- impianti ed apparecchiature elettriche (ascensori, impianti telefonici pubblici, apparecchi elettrici di comando e di segnalazione)
L’aspetto più innovativo di questa Circolare è certamente il valore sociale affidato al dato tecnico; l’introduzione, infatti, afferma che “tali norme devono essere considerate anche come un idoneo mezzo atto a favorire il processo di reinserimento del minorato fisico nella società”, e ancora “tendono inoltre a promuovere un processo di sensibilizzazione degli organi interessati e, più largamente, dell'opinione pubblica e conseguentemente determinare un preciso impegno di tutti i settori, la cui attività si svolge in favore dei minorati fisici”.
La modernità di queste norme è riassunto in due passaggi che auspicano una continua ricerca e uno scambio attivo tra progettisti e amministrazione:
“Inoltre quanto contenuto nelle presenti norme, di obbligatorio rispetto per opere ed edifici realizzati a totale o parziale finanziamento dello Stato, non esclude soluzioni più avanzate, ma anzi deve essere inteso come stimolo di ulteriori progettazioni e realizzazioni di mezzi ed accorgimenti di più elevato grado di efficienza e contenuto tecnico”; “Pertanto agli organi preposti al controllo dell'applicazione delle presenti norme competono l'esame e l'approvazione delle eventuali proposte di mezzi ed accorgimenti, anche se realizzati in difformità a quanto di seguito prescritto”.
Purtroppo quasi sempre queste disposizioni, forse troppo libere, sono state disattese, rimanendo solo belle e illusorie parole.
Legge n. 118, del 30 marzo 1971. Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.
Di fatto si tratta della prima legge italiana che ribadisce la necessità che gli edifici di carattere pubblico siano accessibili a tutti ed introduce il vincolo della rimozione delle barriere anche negli edifici esistenti (si fa riferimento alla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 1968 che viene considerata valida).
Nonostante sia presente una idea forte, e cioè che un ambiente costruito privo di ostacoli favorisca le relazioni e la socialità, la legge riferisce la questione ai soli mutilati e invalidi civili. Il problema principale sarà il DPR che impiegherà ben sette anni per essere emanata, contro il solo anno previsto.
Riportiamo per intero l’articolo 27, che riguarda in modo specifico le barriere architettoniche e i trasporti pubblici:
“Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 19 giugno 1968 riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente legge; i servizi di trasporti pubblici ed in particolare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione qualora ne facciano richiesta.
Le norme di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo saranno emanate, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri competenti, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge”.
Decreto Presidente della Repubblica n. 384, del 27 aprile 1978. “Regolamento concernente norme di attuazione dell’art. 27 della legge 30 marzo 1971, n.118 a favore degli invalidi civili in materia di barriere architettoniche e di trasporti pubblici”.
A sette anni dalla Legge n. 118/71 viene approvato il DPR n. 384/78 che deriva da una proposta del Ministero dell’Interno concertata con altri dicasteri (sanità, istruzione, lavoro, trasporti, turismo, e lavori pubblici). Il Decreto deve essere applicato agli edifici pubblici di carattere collettivo e sociale “aventi interesse amministrativo, culturale, giudiziario, economico, sanitario e comunque edifici in cui si svolgono attività comunitarie o nei quali vengono prestati servizi di interesse generale”, sia di nuova costruzione che esistenti.
Il regolamento attuativo, riprende la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809, del 1968, ma individua degli standard dimensionali precisi (eliminando la discrezionalità che aveva portato all’inadempienza della norma) per percorsi pedonali, parcheggi, soste, accessi, piattaforme di distribuzione, scale, rampe, corridoi, porte, pavimenti, locali igienici, ascensori, apparecchi di comando e di segnalazione.
Viene previsto un contrassegno speciale con il simbolo dell’accessibilità che raffigura una persona in sedia a rotelle. Tratta inoltre delle tipologie abitative, degli edifici scolastici e dei servizi speciali di pubblica utilità (tramvie, filovie, autobus, metropolitane, treni, stazioni, ferrovie, servizi di navigazione marittima nazionale, servizi di navigazione interna, aerostazioni, servizi per i viaggiatori in transito nelle stazioni aeroportuali e di metropolitane, impianti telefonici pubblici, sale e luoghi per riunioni e spettacoli).
Il DPR 384/78 presenta molte lacune; per esempio non vengono predisposti organismi di controllo e per gli inadempienti non sono previste sanzioni, non si considerano le persone con problemi di vista e di udito, si tralasciano gli interventi negli edifici privati e nei luoghi di lavoro.
Nonostante le mancanze, i riferimenti dimensionali troppo rigidi e difficili da applicare in caso di ristrutturazione di edifici pubblici esistenti, il DPR 384/78 è stato per lungo tempo la normativa tecnica di riferimento, fino all’abrogazione con l’entrata in vigore del DPR 503/96.
Legge n.41, del 28 febbraio 1986; “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Stato”.
La Legge Finanziaria per il 1986 mette in evidenza come, nel decennio precedente, le norme per il superamento delle barriere architettoniche siano state completamente disattese, non solo da parte dei privati cittadini ma anche da parte degli Enti Pubblici stessi. La mancanza di controlli da parte di questi ultimi ha inficiato il valore del DPR 384/78 e si cerca adesso di rimediare e rimettersi al passo.
Nei commi 20-25 dell’articolo 32 si tratta l’argomento delle barriere architettoniche. La Legge 41/86 impone che tutti i progetti di nuove costruzioni o di ristrutturazioni di edifici pubblici siano conformi al DPR 384/78; in caso contrario lo Stato e gli Enti Pubblici non possono erogare contributi o agevolazioni economiche.
Inoltre sono previsti finanziamenti per le ristrutturazioni mirate all’eliminazione delle barriere e l’obbligo del rispetto del DPR 384/78 viene esteso anche a interventi effettuati da privati qualora questi usufruiscano di contributi o agevolazioni da parte di enti pubblici. Il comma 25 stabilisce l’accantonamento di alcune quote di bilancio per affrontare l’adeguamento degli edifici e del materiale rotabile dell’Ente Ferrovie dello Stato.
Entro un anno dall’entrata in vigore della Legge, negli edifici Pubblici esistenti non conformi al DPR 384/78, le Amministrazioni competenti devono applicare piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA), pena il commissariamento da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
L’adozione di questi piani, doveva configurarsi come una sistematica riconversione del patrimonio architettonico delle nostre città; il problema dell’accessibilità dell’esistente, è stato però affrontato solo sporadicamente e i commissari per l’adozione dei piani non sono stati quasi mai nominati.
Legge n. 13, del 9 gennaio 1989. “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.
La Legge 13/89 rappresenta un passaggio importantissimo nella normativa italiana riguardante l'accessibilità, che finalmente va ad incidere sul settore dell'edilizia residenziale privata o pubblica sovvenzionata e agevolata. Se, infatti, il quadro normativo copriva da almeno un ventennio il settore pubblico, l'ambito delle abitazioni pubbliche e private risultava ancora libero dalle prescrizioni tecniche atte a garantirne la completa accessibilità anche all'utenza con limitazioni motorie o sensoriali.
Le disposizioni si rivolgono alle abitazioni di nuova costruzione e alla ristrutturazione dell'esistente e agli spazi esterni di pertinenza, con lo scopo di garantire contributi economici a fondo perduto, per sostenere gli interventi necessari a renderli accessibili ai portatori di handicap.
La più importante novità introdotta nel Codice Civile, riguarda le delibere condominiali per lavori di abbattimento delle barriere nelle parti comuni dell'edificio che non richiedono più l'assenso dei due terzi dei condomini, ma solo della metà. Inoltre ai disabili è concesso di realizzare, a proprie spese, gli interventi essenziali anche in opposizione al parere del condominio ed in deroga alle distanze previste dai regolamenti edilizi (in particolare per l'inserimento di ascensori e rampe).
I contributi economici previsti per questi interventi e per quelli all'interno delle singole unità abitative, sono stati erogati, purtroppo, in modo discontinuo e con tempi troppo dilatati.
Per la prima volta, sia in caso di ristrutturazione che di nuova costruzione, “è fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista abilitato di conformità degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi della presente legge” (articolo 1,4) e, nonostante le barriere siano ancora considerate un ostacolo per i soli disabili in sedia a rotelle e non un limite per tutte le persone, si tratta di un elemento veramente importante. La Legge 13/89 demanda le "prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche" ad un successivo decreto emanato dal Ministero dei Lavori Pubblici (che sarà il DM 236/89).
Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 236, del 14 giugno 1989. “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”.
Il Decreto di attuazione della Legge 13/89 rappresenta una delle normative tecniche italiane più innovative per quel che riguarda le barriere architettoniche, sia per come queste vengono definite, sia per come si individuano i livelli di accessibilità. Si cerca di eliminare il concetto restrittivo e negativo delle barriere architettoniche in quanto tutti gli edifici devono essere accessibili: non si pensa più ad edifici particolari per persone con problemi particolari. L'impostazione diventa più propositiva: i dati dimensionali indicati non sono indiscutibili. Si rivaluta l'importanza delle scelte progettuali e delle soluzioni tecniche previste per gli interventi. La verifica del progettista deve confermare il raggiungimento degli obiettivi richiesti.
Il Capo I individua come campo di applicazione:
- edifici privati di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione, residenziali e non;
- edilizia residenziale convenzionata e gli spazi esterni di pertinenza;
- edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata di nuova costruzione o soggetta a ristrutturazione e gli spazi esterni di pertinenza.
La nuova definizione di barriere architettoniche rappresenta un cambiamento culturale radicale. Non si prevedono misure compensative per i soli disabili in quanto l’edilizia deve soddisfare le esigenze di accessibilità, sicurezza e confort, orientamento e riconoscibilità di tutte le persone.
Per barriere architettoniche si intendono:
- gli ostacoli fisici che sono di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
- gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
- la mancanza di accorgimenti o segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo o per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
Nel Capo II sono fissati i “Criteri generali di progettazione”; l'accessibilità non è più considerata come un elemento discrezionale ma diventa un requisito di qualità, indispensabile anche in presenza di vincoli storico-artistici. Il livello di accessibilità richiesta determina la qualità del manufatto edilizio:
- L’accessibilità esprime il più alto livello in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato: ogni parte dell'edificio e delle sue attrezzature può essere utilizzata da tutte le persone, comprese quelle con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, con facilità ed in sicurezza.
- La visitabilità rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, che consente anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione ed incontro (soggiorno e sala da pranzo), ai luoghi di lavoro e ai servizi igienici, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. Tutto ciò che non è accessibile, anche negli edifici visitabili, deve essere adattabile.
- La adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è, pertanto, un’accessibilità differita. Tutto ciò che non è accessibile, anche negli edifici visitabili, deve essere adattabile.
Definiti i tre livelli di qualità edilizia, il DM 236 elenca le diverse tipologie di edifici indicandone il grado di fruibilità richiesto, cioè se gli edifici devono essere accessibili, visitabili o adattabili. Ogni componente edilizio per essere considerato accessibile deve rispondere alle prescrizioni dell'Art. 4, nel quale non viene riportata nessuna misura ma solo indicazioni e concetti che permettono al progettista di trovare soluzioni alternative, comunque valide, in grado di soddisfare le prestazioni previste.
I requisiti per la visitabilità sono indicati dall’art. 5 mentre l'art. 6 riporta i criteri per l'adattabilità.
L'art. 7 (Capo III) chiama il professionista a certificare l'idoneità delle soluzioni proposte; la conformità deve comunque essere verificata dall'ufficio tecnico incaricato per ottenere il rilasci dell'autorizzazione o della concessione edilizia.
Il Capo IV, riporta le soluzioni tecniche alle prescrizioni dell'art. 4; si tratta di misure obbligatorie ma non rigide in quanto il progettista può elaborare soluzioni differenti, purché garantiscano l'accessibilità. Rispetto al DPR 384/78 che imponeva degli standard fissi, viene lasciato un certo margine di discrezionalità.
Al Capo V si trovano le indicazioni riguardanti gli elaborati tecnici e le verifiche richieste.
Il Decreto si propone di recepire suggerimenti e soluzioni provenienti da Enti locali, professionisti, Università, per garantire un continuo e costante avanzamento delle conoscenze socio-culturali e tecniche.
Legge n. 104, del 5 febbraio 1992. “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
La Legge 104/92, nota come legge quadro sull’handicap, nasce dalla necessità di superare la Legge 118/71 che non aveva risolto il problema dell'emarginazione delle persone con disabilità; ma nei trent'anni trascorsi tra l'una e l'altra, la proposta di legge ha subito numerose trasformazioni perdendo parte del significato che aveva in origine. Ciò nonostante, risultano evidenti le implicazioni dell'architettura, del territorio e della tecnologia nell'ambito della integrazione sociale, lavorativa, scolastica delle persone disabili.
La finalità della normativa è quella di eliminare le condizioni invalidanti per le persone disabili e il campo di applicazione viene esteso a tutti gli edifici pubblici o privati aperti al pubblico, anche se di carattere temporaneo. In caso di cambio di destinazione funzionale (se finalizzata all'uso pubblico) se ne deve verificare l'accessibilità. La legge riguarda tra le altre cose anche: gli spazi urbani, in particolare per l'individuazione e la realizzazione di percorsi accessibili e sicuri, con una segnaletica acustico-visiva adeguatamente installata; la viabilità, la segnaletica stradale e i mezzi di trasporto pubblico.
Alcuni articoli affrontano anche ambiti connessi all’accessibilità e alla mobilità della persone disabili, in particolare il 23 (Rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative) e il 24 (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche).
L’art. 23 appura la necessità di rendere accessibili a tutti gli utenti le strutture sportive, gli impianti di balneazione, quelli autostradali, i servizi di trasporto collettivi, strutture ricettive ed annessi servizi turistici,le strutture edilizie e il parco rotabile dell'Ente Ferrovie dello Stato, una quota di alloggi di edilizia sovvenzionata e agevolata.
Nell'art. 24 viene affrontato il problema dell'accessibilità in edifici storici soggetti a vincolo e sede di servizi pubblici, offrendo la possibilità di eseguire opere provvisionali per il superamento delle barriere architettoniche.
Per quel che riguarda la comunicazione al Comun, questo deve avere allegata anche una dichiarazione di conformità alla normativa riguardante l'accessibilità; una volta verificato il progetto dall'ufficio tecnico incaricato dal comune viene rilasciata concessione o autorizzazione edilizia. Se le opere vengono realizzate rispettando le disposizione vigenti, si ottiene il certificato di agibilità e abitabilità, rilasciato dal Sindaco.
Vengono indicate anche le sanzioni previste in caso di inadempienza, quando cioè gli edifici non possono essere utilizzati da persone con disabilità e vengono dichiarati inabitabili e inagibili.
Decreto Legislativo n. 626, del 19 settembre 1994. “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti ill miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”
Il Decreto Legislativo 626/94 rappresenta il recepimento delle normative europee riguardanti la sicurezza dei luoghi di lavoro, ma non si tratta della prima norma che pone dei vincoli alle barriere architettoniche in questi ambienti: già il DPR 384/78, la Legge 13/89, il DPR 236/89 e la Legge 104/92 richiedevano l'accessibilità per edifici pubblici e privati, di nuova costruzione o in caso di ristrutturazione.
In ogni caso, nell'art.30, viene ribadita la necessità di rimuovere le barriere architettoniche in quanto rappresentano una limitazione alla sicurezza delle persone: “I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap. L’obbligo vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati o occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap”.
Non si prevede l'applicazione di questa disposizione ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, i quali devono comunque consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi igienici. La scelta di non riferirsi alla data di costruzione dell'edificio comporta l'applicazione di tutte le prescrizioni relative all'accessibilità, nel momento in cui si decide di avviare una attività in un edificio esistente.
Decreto Presidente della Repubblica n. 503, del 24 luglio 1996. “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”.
Viene emanato con l’obiettivo principale di uniformare la normativa per gli edifici pubblici, con quella per gli edifici privati (DM 236/89). Per quasi un decennio in Italia si potevano riscontrare delle situazioni abbastanza contraddittorie in quanto lo stesso tipo di edificio a seconda che il proprietario fosse un ente pubblico o un privato, sottostava a normative e prescrizioni tecniche differenti (es. i percorsi orizzontali nelle strutture pubbliche dovevano essere previsti da 150 cm mentre in quelle private da 100 cm oppure i percorsi esterni larghi o 150 cm o 90 cm). Già la legge quadro sull’handicap (Legge 104/92) doveva rappresentare una soluzione a questo problema, uniformando le prescrizioni per tutti gli edifici ad uso pubblico.
Nel titolo I, vengono definite le barriere architettoniche, rifacendosi al DM 236/89, e il campo di applicazione: qualsiasi tipo di intervento, nuova costruzione o ristrutturazione, eseguito su edifici e spazi volto all’uso pubblico; servizi di pubblica utilità (tramvie, linee automobilistiche, metropolitane, ferrovie, etc.).
Una novità introdotta dal decreto riguarda l'accessibilità condizionata: gli edifici dell'Amministrazione pubblica, in attesa dell'adeguamento per la rimozione delle barriere architettoniche, si devono dotare di un sistema di assistenza delle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, che permetta la fruizione e l'espletamento delle funzioni ivi svolte.
Per segnalare edifici, attrezzature e mezzi di trasporto che rispettano le norme per l'abbattimento delle barriere, viene ripreso il Simbolo Internazionale di accessibilità.
Il titolo II manifesta l'importanza della pianificazione urbanistica nella scelta delle aree da destinare a servizi pubblici, sempre tenendo conto che tutti gli spazi pubblici pedonalizzati devono essere dotati di almeno un percorso accessibile ai disabili, che consenta l'utilizzo di tutti i servizi. Marciapiedi, rampe, attraversamenti pedonali, servizi igienici pubblici etc. devono tenere conto gli standard di accessibilità indicati nel DM 236/89.
Il titolo III entra nel merito della struttura edilizia introducendo nel mondo degli edifici pubblici gli standards di accessibilità derivati da quelli degli edifici privati (i rimandi al D.M. 236/89 sono continui).
L’oggetto del titolo IV sono le procedure, le deroghe ed gli edifici sottoposti a vincolo: in caso di appurata impossibilità tecnica, la realizzazione delle opere per il superamento delle barriere può avvenire tramite opere provvisionali. Negli elaborati tecnici redatti dal progettista devono mostrare chiaramente le soluzioni e gli accorgimenti previsti per garantire l'accessibilità. Inoltre deve essere presentata una dichiarazione di conformità firmata dal professionista.
Il titolo V tratta gli edifici scolastici, mentre il titolo VI tutti i servizi di pubblica utilità (linee automobilistiche, metropolitane, ferrovie, servizi di navigazione marittima, aerostazioni, ecc.).
Con l’emanazione del D.P.R. 503 del 1996, il D.P.R. 384 del 1978 viene abrogato. Va notato il fatto che comunque resta vigente la Legge n. 118 del 1971 e la Circolare Ministeriale n. 4809 del 1968.
Decreto Presidente della Repubblica n. 380, del 6 giugno 2001. “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia”.
Il testo unico del 2001, tratta i problemi dell’accessibilità nel Capo III “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici e privati aperti al pubblico”. Il documento si rifà interamente alla normativa precedente, in particolare al DM 236/89, alla Legge 13/89 e al D.P.R. 503/96.
Normativa Regione Veneto
Legge Regionale n. 45, del 30 aprile 1985. “Norma per favorire l’abolizione delle barriere architettoniche” Abrogata dall’art. 23 della L.R. 30 agosto 1993, n. 41.
Legge Regionale n. 4, del 30 agosto 1993. "Norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche e per favorire la vita di relazione". Abrogata dall’art. 28 della L.R. 12 luglio 2007, n. 16.
Legge Regionale n. 16, del 12 luglio 2007. “Disposizioni generali in materia di eliminazione delle barriere architettoniche”.
Decreto Giunta Regionale Veneto n. 1428, del 06 settembre 2011. “Aggiornamento delle Prescrizioni Tecniche atte a garantire la frizione degli edifici residenziali privati, degli edifici residenziali pubblici e degli edifici e spazi privati aperti al pubblico”.
Domotica e automazioni
La domotica rappresenta un campo in continua evoluzione; l’informatica sta entrando, ed entrerà sempre di più nelle attività dalla nostra vita, al lavoro ed in casa. Anche senza accorgercene l’innovazione tecnologica ha modificato le nostre abitudini ma anche i nostri oggetti di uso comune (telefoni, elettrodomestici, contatori elettronici, computer, etc).
L’applicazione della tecnologia ai diversi impianti dell’abitazione, avviene già da diversi anni, e non riguarda tanto il puro piacere per l’innovazione ma rappresenta un sistema per utilizzare la casa in modo più sicuro, economico e confortevole. La tecnologia non è la soluzione a tutti i mali ma se attentamente studiata offre soluzioni che possono migliorare la qualità della vita. Se non ci si perde nel fascino della tecnologia, si possono capire le potenzialità che un impianto domotico ha, in particolare nel casa delle abitazioni per persone disabili e per gli anziani; questo tipo di soluzioni vengono sperimentate da almeno una quindicina d’anni, nei quali si sono consolidati alcuni aspetti.
In questo ambito la domotica può essere utilizzata fondamentalmente con due diverse applicazioni, che nella realtà, spesso convivono nello stesso impianto, organizzato in base alle esigenze del singolo soggetto.
- la domotica per la sicurezza dell’utente rappresenta un sistema di monitoraggio automatizzato predisposto per prevenire situazioni di pericolo. Quando l’utente presenta delle difficoltà a livello cognitivo o è anziano spesso fatica a rapportarsi con la tecnologia; per questo, in genere, la domotica per la sicurezza non viene comandata direttamente dall’utente. Si stanno studiando dispositivi che si interfaccino in modo sempre più semplice ed intuitivo. La programmazione del sistema domotico permette di articolare le funzioni, garantendo una maggiore sicurezza (es. avviso di un fuoco rimasto acceso quando l’utente esce dalla cucina).
- la domotica per l’autonomia si rapporta soprattutto con le persone affette da disabilità motorie per offrire una maggiore autonomia all’interno dell’abitazione. In questo caso l’utente comanda i dispositivi del sistema in modo da poter svolgere agevolmente tutte le operazioni domestiche (apertura dei serramenti, regolazione delle luci, attivazione dell’impianto termico, etc.). La possibilità di unificare in un solo comando molteplici funzioni favorisce le persone con gravi disabilità o problemi di coordinazione. I comandi si possono impartire tramite comandi vocali, comuni telecomandi (con pulsanti più grandi) o tramite computer.
Tutti gli interruttori e i terminali di interfaccia si devono poter raggiungere e controllare da seduti, nonostante l’ingombro della carrozzina; vanno posizionati ad una altezza ottimale che va dai 60 ai 120 cm (una fascia più estesa è compresa tra i 40 e i 140 cm).
Possiamo riassumere così i compiti della domotica:
- Sicurezza: la domotica controlla autonomamente, senza l’intervento dell’utente, i vari impianti (es. sistema anti intrusione). Garantire una sicurezza “fisica”, cioè un ambiente privo di pericoli o rischi d’incidente, ma anche una maggiore tranquillità a livello psicologico, contribuisce ad aumentare l’autonomia del diversamente abile.
- Automazione: soprattutto per gli utenti con problemi fisici che difficilmente riescono a compiere alcuni movimenti, dei sistemi motorizzati aiutano svolgere le quotidiane attività. Le funzioni possibili sono molte, alcune delle quali ormai di uso comune: tapparelle automatizzate, apertura delle finestre e del portoncino d’ingresso, armadi con servetti elettrici ecc. L’utilizzo di soluzioni non “meccaniche” consente di ridurre azioni o movimenti difficili (es. chiave tradizionale dell’ingresso sostituita con una “chiave” a transponder, che può essere usata per tutti gli accessi della casa).
- #5e30eb">Confort: gli impianti che regolano il microclima interno della casa (riscaldamento - raffrescamento) possono essere gestiti dalla domotica per garantire delle condizioni costanti, ottimali per gli abitanti. Anche l’impianto di illuminazione può essere automatizzato. Comunicazione: in particolare per gli anziani, le persone che vivono da sole, o che hanno problemi motori, diventa importante comunicare con l’esterno ma anche con l’interno della casa; sfruttando l’informatica, i diversi dispositivi di comunicazione possono essere facilmente gestiti dal sistema (telefono, immagini, video, citofoni con telecamere etc.). Per la sicurezza delle persone diventano importanti gli apparecchi d’emergenza, attivati dal sistema o dall’utente stesso, che inviano chiamate o segnali d’emergenza permettendo interventi tempestivi in caso d’emergenza.
Spazi esterni
Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 14 giugno 1989, n.236. Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche.
4.2. Spazi esterni
4.2.1. Percorsi. Negli spazi esterni e sino agli accessi degli edifici deve essere previsto almeno un percorso preferibilmente in piano con caratteristiche tali da consentire la mobilità delle persone con ridotte o impedite capacità motorie, e che assicuri loro la utilizzabilità diretta delle attrezzature dei parcheggi e dei servizi posti all'esterno, ove previsti.
I percorsi devono presentare un andamento quanto più possibile semplice e regolare in relazione alle principali direttrici di accesso ed essere privi di strozzature, arredi, ostacoli di qualsiasi natura che riducano la larghezza utile di passaggio o che possano causare infortuni. La loro larghezza deve essere tale da garantire la mobilità nonché, in punti non eccessivamente distanti tra loro, anche l'inversione di marcia da parte di una persona su sedia a ruote.
Quando un percorso pedonale sia adiacente a zone non pavimentate, è necessario prevedere un ciglio da realizzare con materiale atto ad assicurare l'immediata percezione visiva nonché acustica se percosso con bastone.
Le eventuali variazioni di livello dei percorsi devono essere raccordate con lievi pendenze ovvero superate mediante rampe in presenza o meno di eventuali gradini ed evidenziate con variazioni cromatiche. In particolare, ogni qualvolta il percorso pedonale si raccorda con il livello stradale, o è interrotto da un passo carrabile, devono predisporsi rampe di pendenza contenuta e raccordate in maniera continua col piano carrabile, che consentano il passaggio di una sedia a ruote.
Le intersezioni tra percorsi pedonali e zone carrabili devono essere opportunamente segnalate anche ai non vedenti.
4.2.2. Pavimentazione.
La pavimentazione del percorso pedonale deve essere antisdrucciolevole. Eventuali differenze di livello tra gli elementi costituenti una pavimentazione devono essere contenute in maniera tale da non costituire ostacolo al transito di una persona su sedia a ruote.
I grigliati utilizzati nei calpestii debbono avere maglie con vuoti tali da non costituire ostacolo o pericolo, rispetto a ruote, bastoni di sostegno, e simili.
(Per le specifiche vedi 8.2.2.).
4.3. Segnaletica
Nelle unità immobiliari e negli spazi esterni accessibili devono essere installati, in posizioni tali da essere agevolmente visibili, cartelli di indicazione che facilitino l'orientamento e la fruizione degli spazi costruiti e che forniscano una adeguata informazione sull'esistenza degli accorgimenti previsti per l'accessibilità di persone ad impedite o ridotte capacità motorie; in tale caso i cartelli indicatori devono riportare anche il simbolo internazionale di accessibilità di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n.384. I numeri civici, le targhe e i contrassegni di altro tipo deve essere facilmente leggibili.
Negli edifici aperti al pubblico deve essere predisposta una adeguata segnaletica che indichi le attività principali ivi svolte ed i percorsi necessari per raggiungerle.
Per i non vedenti è opportuno predisporre apparecchi fonici per dette indicazioni, ovvero tabelle integrative con scritte in Braille. Per facilitarne l'orientamento è necessario prevedere punti di riferimento ben riconoscibili in quantità sufficiente ed in posizione adeguata.
In generale, ogni situazione di pericolo dev'essere resa immediatamente avvertibile anche tramite accorgimenti e mezzi riferibili sia alle percezioni acustiche che a quelle visive.
8.2. Spazi esterni
8.2.1. Percorsi.
Il percorso pedonale deve avere una larghezza minima di 90 cm ed avere, per consentire l'inversione di marcia da parte di persona su sedia a ruote, allargamenti del percorso, da realizzare almeno in piano, ogni 10 m di sviluppo lineare (per le dimensioni vedi punto 8.0.2. - Spazi di manovra).
Qualsiasi cambio di direzione rispetto al percorso rettilineo deve avvenire in piano; ove sia indispensabile effettuare svolte ortogonali al verso di marcia, la zona interessata alla svolta, per almeno 1,70 m su ciascun lato a partire dal vertice più esterno, deve risultare in piano e priva di qualsiasi interruzione.
Ove sia necessario prevedere un ciglio, questo deve essere sopraelevato di 10 cm dal calpestio, essere differenziato per materiale e colore dalla pavimentazione del percorso, non essere a spigoli vivi ed essere interrotto almeno ogni 10 m da varchi che consentano l'accesso alle zone adiacenti non pavimentate.
La pendenza longitudinale non deve superare di norma il 5%, ove ciò non sia possibile, sono ammesse pendenze superiori, purché realizzate in conformità a quanto previsto al punto 8.1.11.
Per pendenze del 5% è necessario prevedere un ripiano orizzontale di sosta, di profondità almeno 1,50 m, ogni 15 m di lunghezza del percorso; per pendenze superiori tale lunghezza deve proporzionalmente ridursi fino alla misura di 10 m per una pendenza dell'8%.
La pendenza trasversale massima ammissibile è dell'1%.
In presenza di contropendenze al termine di un percorso inclinato o di un raccordo tra percorso e livello stradale, la somma delle due pendenze rispetto al piano orizzontale deve essere inferiore al 22%.
Il dislivello ottimale tra il piano del percorso ed il piano del terreno o delle zone carrabili ad esso adiacenti è di 2,5 cm.
Allorquando il percorso si raccorda con il livello stradale o è interrotto da un passo carrabile, sono ammesse brevi rampe di pendenza non superiore al 15% per un dislivello massimo di 15 cm.
Fino ad un'altezza minima di 2,10 m dal calpestio, non devono esistere ostacoli di nessun genere, quali tabelle segnaletiche o elementi sporgenti dai fabbricati, che possono essere causa di infortunio ad una persona in movimento.
8.2.2. Pavimentazioni.
Per pavimentazione antisdrucciolevole si intende una pavimentazione realizzata con materiali il cui coefficiente di attrito, misurato secondo il metodo della British Ceramic Research Association Ltd. (B.C.R.A.) Rep. CEC. 6/81, sia superiore ai seguenti valori:
0,40 per elemento scivolante cuoio su pavimentazione asciutta;
0,40 per elemento scivolante gomma dura standard su pavimentazione bagnata.
I valori di attrito predetto non devono essere modificati dall'apposizione di strati di finitura lucidanti o di protezione che, se previsti, devono essere applicati sui materiali stessi prima della prova.
Le ipotesi di condizione della pavimentazione (asciutta o bagnata) debbono essere assunte in base alle condizioni normali del luogo ove sia posta in opera.
Gli strati di supporto della pavimentazione devono essere idonei a sopportare nel tempo la pavimentazione ed i sovraccarichi previsti nonché ad assicurare il bloccaggio duraturo degli elementi costituenti la pavimentazione stessa.
Gli elementi costituenti una pavimentazione devono presentare giunture inferiori a 5 mm, stilate con materiali durevoli, essere piani con eventuali risalti di spessore non superiore a mm 2.
I grigliati inseriti nella pavimentazione devono essere realizzati con maglie non attraversabili da una sfera di 2 cm di diametro; i grigliati ad elementi paralleli devono comunque essere posti con gli elementi ortogonali al verso di marcia.
Avere a disposizione degli spazi esterni che si sviluppino come una prosecuzione della casa e che consentano di svolgere attività con la famiglia può condizionare positivamente le condizioni psico-fisiche delle persone. Pareti vetrate che si aprono su cortili organizzati come stanze all'aperto, danno luminosità all'abitazione, la inseriscono nel paesaggio, e rendono partecipe chi ci abita della natura circostante.
Per progettare con successo un esterno e ottenere uno spazio adattabile, flessibile e accessibile bisogna innanzi tutto capire quali aspettative hanno le persone che lo dovranno utilizzare: se si riesce a tener conto di come queste si modificano nel tempo, le risistemazioni e le personalizzazioni degli spazi saranno più facili e meno onerose.
Nell’organizzare gli spazi attorno alla casa dobbiamo porci alcune domande:
• quanto spazio abbiamo?
• che tipo si pavimentazione è più adatta agli spostamenti di un diversamente abile?
• la famiglia vuole cucinare e mangiare all'aperto?
• vi è la necessità di un parcheggio?
• quali aree sono ombreggiate e quali al sole?
• ci sono condizione che possono influenzare il benessere delle persone (es. allergie)?
• si desiderano dei giochi in giardino (altalena, uno spazio per la sabbia, etc.)?
La vita e la fruibilità in sicurezza degli spazi esterni deve considerare i materiali, la loro finitura superficiale, il verde, i posti a sedere, la forma degli elementi, le zone d'ombra e di sole, le aree gioco e le aree aperte.
Durante la progettazione bisogna ricordarsi che gli elementi di arredo del giardino devono coesistere con l'abitazione, con il verde e gli alberi esistenti e perciò sono necessari dei passaggi che permettano di raggiungerli facilmente.
Percorsi e marciapiedi
Negli spazi esterni di pertinenza di edifici pubblici e privati deve essere garantito almeno un percorso di collegamento fino all'accesso dell'edificio agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria, tale da consentire anche l'utilizzo dei servizi annessi posti all'esterno (come i parcheggi, le cassette postali, l'area per lo smaltimento dei rifiuti, spazi ludici, zone di sosta ecc.).
Se si dispone di un giardino molto grande, i vari elementi possono essere raggruppati per essere tra loro vicini e prossimi ai punti di accesso della casa, per evitare di dover percorrere distanze eccessive. Lungo i percorsi maggiori è bene disporre dei posti a sedere per offrire momenti di riposo, in particolare agli anziani.
Se gli spazi sono ampi è possibile anche realizzare vialetti “ad anello” che consentano di tornare al punto di partenza senza doversi girare e fare la strada a ritroso, facilitando le persone con problemi di mobilità.
I gradini lungo i percorsi sono da evitare ed è in genere preferibile inserire una passerella inclinata; in presenza di significative variazioni di livello, i percorsi esterni con una pendenza superiore al 5% sono assimilabili alle rampe e vanno intesi come collegamenti verticali. Gradini e rampe devono quindi essere dotati degli opportuni accorgimenti ma, integrandoli nel disegno complessivo del verde, è possibile ridurre al minimo l'impatto visivo delle ringhiere e delle protezioni.
Tutti gli elementi dello spazio esterno (patii, posti a sedere, aree gioco etc.) devono essere serviti da un percorso largo almeno 90 cm, che presenti spazi di manovra in piano (150 x 150 cm), atti a consentire l'inversione di marcia da parte di persona su sedia a ruote.
Perché tutti possano muoversi in sicurezza è consigliabile mantenere lo spazio adiacente ai vialetti liberi da fiori e piante in modo che queste non vadano ad ostruire i percorsi.
I percorsi devono essere liberi da elementi sporgenti, quali tabelle o tettoie, al di sotto dei 210 cm: i rami bassi lungo il percorso devono essere mantenuti potati per non intralciare le persone alte o con una disabilità visiva.
La scelta dei materiali e delle finiture superficiali si effettua sulla base di tre fattori: estetico, funzionale ed economico. É importante considerare attentamente i materiali utilizzati per la realizzazione dei percorsi in modo da soddisfare al meglio tutte le esigenze. Per aiutare le persone con disabilità motorie o problemi di equilibrio si consigliano superfici non scivolose e leggermente elastiche. Il trattamento superficiale delle pavimentazioni deve essere realizzato in modo tale da garantire un adeguato deflusso dell'acqua meteorica verso l'esterno del percorso. La posa e la pezzatura dei materiali per le sistemazioni esterne, utilizzati generalmente grezzi e non finiti (es. porfido o pietra semilavorata) presentano già una superficie non scivolosa.
Le superfici con rigatura diagonale vanno scartate in quanto possono indurre le ruote piroettanti della carrozzina ad una deviazione di percorso, o destabilizzare le persone che usano grucce o arti meccanici. L’attrito provocato da pavimentazioni troppo irregolari (es. acciottolato o tronchetti di legno) può limitare la mobilità. Nei casi in cui questa finitura non si possa evitare, è bene prevedere un percorso pedonale accessibile più regolare o almeno 2 fasce ad interasse 70-80 cm per consentire il movimento delle carrozzine.
Verde, orti e aiuole
Problemi di gestione del verde, come la potatura e il taglio, devono essere attentamente considerati nella scelta delle piante, soprattutto se non si è in grado di svolgere questi compiti da soli; è possibile selezionare specie vegetali la cui dimensione matura non sia eccessiva per lo spazio a disposizione e che richiedano cure minime.
Alcune piante sporcano molto (foglie, rami, frutti, resina, aghi etc.) creando intralcio e occasioni d'inciampo; dovrebbero quindi essere evitate, considerando che anche le operazioni di pulizia possono risultare particolarmente impegnative per alcune persone.
Nella scelta del verde si deve tener presente anche dei pollini e delle sostanze che alcune piante rilasciano, che possono irritare i soggetti allergici.
Aiuole alte estendono la fruibilità del giardino alle persone che faticano a piegarsi fino al livello del suolo. Permettere anche alle persone con disabilità di dedicarsi ad attività di giardinaggio aiuta a migliorare il loro benessere psico-fisico; a questo scopo esistono contenitori rialzati (almeno 80 cm) nei quali anche le persone in carrozzina riescono a coltivare comodamente un proprio piccolo orto.
Vicino a questa zona deve essere presente un deposito per gli attrezzi da giardino, una protezione dal sole e una presa d'acqua.
Se si dispone di una casetta da giardino, una porta di almeno 80 cm consentirà il passaggio tanto di una carrozzina quanto di una carriola; l'apertura dovrebbe avere uno spazio libero su entrambi i lati (60 cm sul lato della cerniera e 30 cm dalla parte della maniglia). Scaffali, armadi e gli altri elementi contenuti nella casetta degli attrezzi devono lasciare uno spazio libero sufficiente a consentire l'ingresso e l'uscita di una carrozzina (almeno 80 x 120 cm); vanno considerate quindi anche le zone davanti e dietro la porta di accesso. Questi spazi di deposito devono essere raggiunti da percorsi accessibili e, se il sistema dei percorsi non è continuo, deve essere possibile girarci attorno.
Protezione dalle intemperie
Il disegno dello spazio esterno dovrebbe prendere in considerazione anche una serie di aspetti legati al clima. Il posizionamento delle sedute deve essere accompagnato dalla protezione dal sole e dal vento dominante: la casa può essere sfruttata come schermo per il vento durante il periodo freddo, ma durante l'estate è preferibile un salottino alternativo che permetta qualche fresco venticello.
Elementi di recinzione o schermature verdi possono contribuire alla protezione dal vento. Allo stesso modo, alcuni spazi si possono ombreggiare, oltre che con l'ombra della casa stessa, con piante decidue o alberi sempreverdi, graticci, pompeiane, ombrelloni, tende e gazebo.
Per sfruttare al meglio gli spazi esterni è importante assicurare una buona protezione dalla pioggia e un efficace scolo delle acque meteoriche in modo da allontanare l'acqua dagli accessi, dai cortili, da scale e rampe. Le pozzanghere lungo i percorsi non sono solo fastidiose ma posso diventare pericolose, particolarmente d'inverno, se ghiacciano.
In alcune Regioni la protezione dalla neve e dai venti freddi è particolarmente importante: il vento prevalente può accumulare la neve sotto gli sporti e sulle rampe se queste non sono riparate da schermature o elementi verdi. Nelle città con nevosità elevata, predisporre uno spazio in cui poter accumulare la neve e gestirne il discioglimento può risolvere numerosi problemi (pozzanghere, ghiaccio...).
Deck e patii
Pedane e cortili possono essere di forme e dimensioni differenti in quanto sono progettati per soddisfare una vasta gamma di esigenze e gusti. In alcuni casi, questi elementi rappresentano solo un'area di accesso alla casa ma, molto spesso, sono invece progettati per essere una estensione dello spazio vitale della casa stessa, fornendo una importante superficie esterna per il tempo libero e la ricreazione.
I deck sono in genere sollevati da terra e nella loro progettazione bisogna affrontare gli stessi problemi di sicurezza che si ritrovano all'interno della casa: garantire spazi di manovra sufficienti, dimensioni e pendenze adeguate di rampe e scale, parapetti e corrimani di altezza adatta sia agli adulti che ai bambini. Le rampe possono funzionare bene per piccoli salti di quota ma per i dislivelli eccessivi si consiglia l'installazione di un sollevatore meccanico.
In passato le pedane erano completamente realizzate in legno; oggi si utilizzano anche materiali compositi (legno-plastica, plastica-pannelli di gomma.), metallo, superfici gommate ecc.
Indipendentemente dal trattamento di superficie, è necessaria una pendenza minima per garantire un corretto drenaggio, soprattutto se l'area è adiacente alla casa.
Portici e gazebo
Le verande e i gazebo se opportunamente progettati forniscono degli spazi coperti fruibili da tutti (genitori con passeggino, persone con deambulatori ecc.); è importante rispettare gli stessi vincoli degli spazi interni: accessi larghi minimo 80 cm, spazi liberi per consentire l'apertura delle porte e la rotazione di una sedia a rotelle.
Se questi spazi sono utilizzati anche per attività di giardinaggio al coperto, è importante che i materiali siano facilmente raggiungibili e che ci sia un posto per sedersi e a lavorare. I piani di lavoro sono tradizionalmente ad una altezza di 90 cm, ma un piano tra i 75 e gli 80 cm favorisce anche l'attività dei bambini, degli anziani e delle persone che usano la sedia a rotelle (in questo caso è bene consentire uno spazio di manovra di almeno 80 x 120 cm davanti al bancone).
Questi ambienti devono essere correttamente protetti da sole e dalle intemperie ed essere dotati di illuminazione.
Arredo da giardino
Tavoli, sedie, panche e gli altri arredi da giardino, devono essere comodi da usare, stabili e privi di pericoli, quali spigoli vivi, schegge etc. Si dovrebbero disporre sedute stabili, ferme, facili da usare e di differenti tipi: molti anziani preferiscono sedersi ad una altezza di 45 - 50 cm, avere uno schienale di supporto e braccioli a circa 70 cm, mentre per i bambini l'altezza della seduta si attesta sui 30 - 35 cm.
L'arredo va posizionato su di una superficie sufficientemente piana e non scivolosa collegata con percorsi accessibili alla casa e a parcheggio; nel disporre i mobili e l'arredo da giardino, è bene assicurarsi di lasciare sufficiente spazio libero per coloro che utilizzano sedie a rotelle o altri ausili per la mobilità.
I tavoli non devono presentare ostacoli sotto al piano in modo da consentire un agevole ingresso delle gambe delle persone in carrozzina.
In molti gazebo e portici vengono posizionati mobili e scaffali; per ottimizzarne l'utilizzo, questi elementi devono presentare ripiani e cassetti ad altezze differenti e sono da preferire ante scorrevoli o con cerniera che consenta l'apertura a 180°. Mantenere in ordine il contenuto facilita tutte le persone, in particolare chi presenta un deficit visivo e memorizza la posizione dei vari oggetti.
Prese elettriche, interruttori e rubinetti.
I rubinetti, tubi dell'acqua, gli interruttori, le prese elettriche e gli altri controlli all'esterno della casa, vanno installati in modo da risultare chiaramente visibili, facili da raggiungere e alla portata di tutte le persone, sia in piedi che sedute (ad una altezza compresa tra i 40 e i 120 cm). Un'area libera di almeno 80 x 120 cm permette il corretto approccio a questi elementi. Gli interruttori e le prese elettriche utilizzate all'esterno dell'abitazione, è bene che abbiano una protezione a tenuta stagna, per evitare che vengano in contatto con acqua e umidità. I controlli devono essere intuitivi e facili da usare per tutti, indipendentemente dalla lingua, dalla capacità cognitiva o motoria.
Illuminazione esterna
L'illuminazione degli spazi esterni migliora la visibilità e aumenta il senso di sicurezza contro gli intrusi, dando vita anche a particolari atmosfere; per questi scopi, in commercio esiste una grande quantità di prodotti.
Nel progettare l'illuminazione esterna si deve sempre partire dalle esigenze degli utenti; le luci possono essere alimentate da piccoli pannelli solari e attivate attraverso timer o sensori per il movimento. La domotica può interagire anche con l'illuminazione degli spazi esterni.
Materiali
Di seguito vengono riportate le caratteristiche di alcuni materiali utilizzati per gli ambienti esterni.
Asfalto: si tratta di un materiale che non risulta scivoloso anche se bagnato; una minima pendenza consente un corretto drenaggio. Appena realizzato è liscio e adatto a tutte le persone che utilizzano ausili per la mobilità ma con il tempo può screpolarsi e rompersi (soprattutto se al di sotto si sviluppano radici di grandi alberi). Il colore nero, d’estate lo fa riscaldare molto. Si tratta di un materiale che non richiede grossa manutenzione ed è facilmente pulibile. Adatto a parcheggi, scivoli, strade, marciapiedi e vialetti.
Cemento: se la superficie della colata viene tirata a spazzola è antiscivolo, anche se bagnata. Una pendenza minima che consenta un corretto drenaggio per evitare che l'acqua ristagni. La superficie liscia è adatta per la mobilità ma quando il calcestruzzo non è ancora asciutto può essere impressa una texture, più o meno in rilievo. La pulizia è facile anche se non sempre le macchie si possono togliere; la manutenzione è semplice ma essendo una pavimentazione continua non consente di sostituire la singola parte deteriorata.
Il colore prevalente è bianco/grigio, ma la miscela può essere additivata con pigmenti o inerti colorati; la superficie, una volta asciutta può essere trattata con finiture chimiche o verniciato.
Il cemento è adatto per marciapiedi, vialetti, pavimenti di patii, gazebo e scivoli.
Ciottoli o pietra a spacco: la forma più o meno irregolare delle pietre o quella più tondeggiante dei ciottoli di fiume consentono di realizzare una superficie continua ma talvolta anche molto irregolare. Una buona posa può assicurare una superficie sufficientemente piana e priva di pericoli, facile da attraversare con una carrozzina ma che produce notevoli vibrazioni della stessa. Le forme e le sfumature del materiale sono molte; alcune pietre risultano più scivolose di altre. La manutenzione è semplice ma deve essere periodica in quanto i singoli elementi possono staccarsi e far inciampare. Superfici in acciottolato o pietra sono adatte per pavimenti, vialetti e marciapiedi.
Lastre di pietra: in base al tipo di pietra, alla finitura superficiale e all’usura del tempo possono essere più o meno scivolose; con un minimo di pendenza si consente un corretto drenaggio dell’acqua. Con una posa corretta la superficie è ideale per le persone che utilizzano la carrozzina o altri ausili per la mobilità.
La varietà di materiali e colori disponibile è molto vasta e spesso differente da regione a regione. La manutenzione di una pavimentazione in pietra risulta abbastanza facile perché un elemento rovinato può essere sostituito con un’altra lastra. Materiale adatto per pavimenti, vialetti e marciapiedi.
Legno: per essere utilizzato come pavimentazione deve essere trattato in modo che l’umidità non lo rovini in pochissimo tempo. Ha buone proprietà antiscivolo da asciutto ma non da bagnato. Il legno può essere utilizzato in tavolati più o meno grandi che consentono di realizzare superfici continue e stabili; l’essere più o meno adatto alla mobilità delle persone dipende molto anche dalla posa. L’elasticità del materiale, se non è compensata con un sottofondo può diventare problematica per le persone con scarsa stabilità e problemi di equilibrio. In commercio si trovano molti materiali e colori (legno massello, multistrato, etc.) che con il tempo e con l’umidità possono modificarsi (ossidazione, ingrigimento, formazione di muschio, etc.). La pulizia è facile e la manutenzione deve essere costante. Questo tipo di pavimentazione è adatta per deck, pavimenti di portici e gazebo.
Cippato di legno e corteccia: è un manutenzioneteriale utilizzato soprattutto per alcune zone o per le aiuole. In generale non è scivoloso e la stabilità è data dal substrato presente; non è un materiale molto utilizzato per i percorsi pedonali perché non offre una superficie adatta alle persone con problemi motori o di stabilità. La manutenzione deve essere regolare per conservare la superficie in buone condizioni, senza buche o solchi e per sostituire il materiale che con il tempo marcisce.
Arredo fisso
Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 14 giugno 1989, n.236. Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche.
4.1.4. Arredi fissi.
La disposizione degli arredi fissi nell'unità ambientale deve essere tale da consentire il transito della persona su sedia a ruote e l'agevole utilizzabilità di tutte le attrezzature in essa contenute. Dev'essere data preferenza ad arredi non taglienti e privi di spigoli vivi.
Le cassette per la posta devono essere ubicate ad una altezza tale da permetterne un uso agevole anche a persona su sedia a ruote.
Per assicurare l'accessibilità gli arredi fissi non devono costituire ostacolo o impedimento per lo svolgimento di attività anche da parte di persone con ridotte o impedite capacità motorie.
In particolare:
i banconi e i piani di appoggio utilizzati per le normali operazioni del pubblico devono essere predisposti in modo che almeno una parte di essi sia utilizzabile da persona su sedia a ruote, permettendole di espletare tutti i servizi;
nel caso di adozione di bussole, percorsi obbligati, cancelletti a spinta ecc., occorre che questi siano dimensionati e manovrabili in modo da garantire il passaggio di una sedia a ruote;
eventuali sistemi di apertura e chiusura, se automatici, devono essere temporizzati in modo da permettere un agevole passaggio anche a disabili su sedia a ruote;
ove necessario deve essere predisposto un idoneo spazio d'attesa con posti a sedere.
5.6. Arredi fissi
Per assicurare la visitabilità gli arredi fissi non devono costituire ostacolo o impedimento per lo svolgimento di attività anche da parte di persone con ridotte o impedite capacità motorie.
A riguardo valgono le prescrizioni di cui al precedente punto 4.1.4.
8.1.4. Arredi fissi.
Negli edifici residenziali le cassette per la posta non devono essere collocate ad una altezza superiore ai 140 cm.
Nei luoghi aperti al pubblico, nei quali il contatto con il pubblico avviene mediante tavoli o scrivanie, deve essere previsto un adeguato spazio libero, eventualmente in ambiente separato, per poter svolgersi una ordinata attesa, nel quale inoltre possano disporsi un congruo numero di posti a sedere (preferibilmente sedie separate). La distanza libera anteriormente ad ogni tavolo deve essere di almeno 1,50 m, e lateralmente di almeno 1,20 m al fine di consentire un agevole passaggio fra i tavoli e le scrivanie. [...]
8.1.5 Terminali degli impianti
Gli apparecchi elettrici, i quadri generali, le valvole e i rubinetti di arresto delle varie utenze, i regolatori di impianti di riscaldamento e di condizionamento, i campanelli di allarme, il citofono, devono essere posti ad una altezza compresa tra i 40 e i 140 cm.
Schema delle altezze consigliate per la collocazione di quadri, interruttori e prese (Fig. 1).
In una abitazione gli arredi fissi (es. piani incassati nei muri, banchi fissi, etc.) permettono ai soggetti con scarso equilibrio o che si affaticano facilmente di aggrapparsi, sostenersi, sedersi e riposare; utilizzare elementi stabili offre una sicurezza maggiore, riducendo il rischio di scivolamenti o cadute, rispetto agli arredi mobili. Una seduta fissa, in alcuni casi e per alcune disabilità, da un senso di maggiore sicurezza e stabilità mettendo in condizioni di maggiore tranquillità la persona che la utilizza.
Questi elementi fissi devono essere ben posizionati, in modo da non intralciare il transito delle persone e devono avere forme possibilmente morbide, senza spigoli vivi o taglienti e in materiale relativamente elastico.